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Dott. A. De Blasio

Fondatore dell’ufficio antropometrico nella R. Questura di Napoli

Coadiutore di Antropologia nella R. Università di Napoli

 

 

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Inciarmatori, maghi e streghe di Benevento

 

 

 

 

con prefazione di

Enrico Morselli

e proemio di G. Nicolucci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Napoli

Luigi Pierro Tip. Editore

Piazza Dante, 76

1900

 

 

 


 [1] Il terreno più difficile a dissodare è quello dell’ignoranza.

Amorosa.

 

 

I

 

Fra le diverse provincie dell’Italia meridionale vien designata come la più superstiziosa quella di Benevento, dove tanti e tanti parassiti mettendo a profitto le loro furberie s’impinguano alle spalle dei creduloni: il che fece pensare a più di uno che gli abitanti del beneventano fossero meno civilizzati e che alquante migliaia d’individui si trovassero immersi in tale ignoranza da non invidiare quella di alcuni selvaggi. E ciò non è del tutto inesatto; perché oggi è la miseria che tiene in quella provincia lontano dalle ventiquattro lettere dell’alfabeto migliaia di bambini ed un tempo i diversi dominatori la ridussero superstiziosa, povera e serva[1].

[2] Come preavviso, dico che il disegno e l’intendimento di questo mio studio si è di apportare un lieve contributo all’antropologia criminale del nostro mezzogiorno. Io non so se vi riuscirò; ma se ciò avvenisse, sarebbe questo il premio più desiderabile alle mie fatiche ed allora non mancherei di ripetere:

 

E come quei, che con lena affannata

Uscito fuor del pelago alla riva,

Si volge all’acqua perigliosa, e guata.

 

 

La credenza negli stregoni non è mica di data recente; perché le primizie delle loro gesta si perdono nel buio dei secoli.

Pur tuttavia dalla Bibbia rilevasi che maestri nell’arte degl’incantesimi erano gli egizii. Infatti nel cap. VII, v. 11, 12, e 22, e nel cap. VIII, v. 7, dell’Esodo leggesi che ad istanza di Faraone i sapienti ed i maghi, mediante gl’incantesimi e certi [3] altri segreti, riuscirono ad imitare ciò che facevano, per ordine del Signore, Mosè ed Aronne, di tramutare cioè le loro verghe in dragoni, di cambiare l’acqua in sangue e di far coprire la terra d’Egitto di ranocchie.

La Rossi-Gasti è di parere che l’intervento degli esseri soprannaturali nelle faccende degli uomini giunse fino a noi colle tradizioni dei tempi eroici e sotto la splendida veste della leggenda mitologica; per me tra il capitano antico, il quale aspetta trepidante il responso dell’oracolo, e la fanciulla, che scruta ansiosa i ghirigori apparsi sulla superficie dell’acqua posta a ghiacciare nella notte dell’Epifania, corre una trama sottile, ma visibile di fili che legano le età remote alla nostra.

Magi, indovini, auguri, negromanti, astrologi, Anfiarao, Tiresia, Michele Scotto, Guido Bonalto, Asdente, Merlino, Atlante, Simone, Faust, Mefistofele, Asmodeo, Giuseppe Balsamo, la tradizione, la leggenda, il mito, l’epopea, il romanzo… qual sontuoso banchetto delle fantasie! che sfilata di meraviglie! che baraonda di prodigi!

Né in questa rassegna di creazioni fantastiche vuol essere lasciato in dimenticanza l’elemento muliebre.

Ecco Circe e le sirene, Medea e Manto e Cassandra; ecco le sibille dibattersi tra le convul- [4] sioni orrende a pié della mistica cortina donde uscirà il responso di Apollo.

Un bel giorno la civiltà manderà coteste signore a riposare per sempre tra i polverosi volumi dei classici antichi; ma il popolo, tanto tenace nell’affermarsi al passato,quanto restìo nel piegare innanzi al presente, vorrà serbare in sé e per sé le immagini radiose e strane, magari sotto nomi e vesti nuove.

Osservate il sorriso arguto di messer Ludovico Ariosto occupato a plasmare le figure delle sue maghe,e dal cervello del poeta vedrete liberarsi la bionda testa di Alcina, poi uscire a delinearsi man mano le altre splendide figlie della fantasia ariostesca. Più tardi Tasso riempirà di grazie e d’incanti il grembo di Armida.

Or chi vi dice che il popolo non entrasse proprio per nulla nelle concezioni di questi nostri poeti?

Chi vi assicura che non abbia innanzi fornito inconsciamente gran parte della materia da essi con tanta perizia lavorata?

La produzione della fantasia popolare continua copiosa e geniale, con una fioritura di tipi sempre nuovi; prima sono diavolesse, versiere, indovine; poi vengono zingare, estatiche, sonnambule; dall’Olimpo alla capanna, dalla reggia alla piazza, da [5] questa al manicomio, la sfilata procede fitta traverso gli anni e i secoli[2].

Siffatte credenze, scrisse il Cantù, si conservarono traverso al medio evo, sicché ne sono piene le leggende, nelle quali si confondono il misticismo e l’empietà, il tremendo ed il grottesco; repulsate dai legislatori e dai dottori, ma serbate tenacemente dal volgo, finché vennero a mescolarsi con quella fungaia delle scienze occulte.

 

 

 

Ci è noto dalla storia che fino al principio del secolo XVII parecchie streghe e non pochi maghi furono perseguitati dalla giustizia ecclesiastica e più di uno ebbe la poco piacevole sorpresa di essere bruciato vivo.

« Dicesi, aggiunge la citata Rossi-Gasti, che la biblioteca civica di Trento possegga gli atti di un processo dell’anno 1505 contro parecchie donnicciuole imputate di stregoneria, delle qual otto vennero condannate ad essere bruciate vive. La sentenza fu eseguita in Calvese il 15 marzo 1505. Le infelici portavano nomi strani e fantastici, co- [6] me Zog, donna Benzog ed altri simili assunti probabilmente per colpire l’immaginazione del popolino e così procacciarsi credito alle pretese malie.

Quel giorno le vittime furono otto; ma nessuno può dire a quante centinaia ascendano le poverette mandate a morte per la stessa causa. Ve le figurate voi sotto lo strazio della tortura, che dilaniava loro le carni in atto di balbettare la confessione di una colpa che esisteva solo nelle zucche asinine dei loro giudici?

Le vedete sfatte, livide, coi capelli irti, colle mani legate al dorso e tutto il corpo ravvolto nella cappa nera, condotte al supplizio con apparato di funebre teatralità; le vedete contorcersi, resistere, ribellarsi e finalmente piegare affrante sotto la mano del carnefice che le lega al palo?

Udite gli urli che già non hanno più nulla di umano, coi quali annunciano i primi assalti delle fiamme?

Erano streghe; vale a dire, sventurate ignoranti cadute nelle mani di belve ree forse di malafede non certo di morte».

E la plebaglia, che presenziava a quelle scene ributtanti, applaudiva come se si trovasse in un teatro e si beava dell’odore che tramandava la carne umana.

[7] en ti sta questa scottatura, amica del diavolo, dicea qualcuno.

Fammi ora una malia, rispondeva un altro; e quando il palo inzuppato di grasso umano finiva di ardere, allora quella massa inumana si versava su quegli avanzi gridando: Che sia, o brutta strega, dispersa dal vento la tua infame cenere, ed armatasi di pali la spargeva in tutti i sensi.

Ciò che scrisse la Rossi-Gasti, intorno alle vittime dell’inquisizione per creduta fattucchieria o stregoneria, non è che una minima parte; perché il Mohesen racconta che nell’Elettorato di Treveri ai giorni dell’imperatore Massimiliano I se ne processarono 6500, che nelle Fiandre nel 1459 se ne mandò a morte un buon numero, che a Ginevra se ne contarono di condannati 500, che la Spagna e la Francia giacquero tutte sanguinose di lor supplizi.

Pietro Crespet riferisce che sotto Francesco I si contavano nel regno centomila fattucchiere.

Nicola Ramigio, cancelliere del duca di Lorena, si vantò di aver sentenziato a morte novecento streghe in quattro anni.

Enrico IV ne fe’ bruciare vive seicento nella sola provincia di Labourd; in Islesia nel 1631 ne perirono duecento[3].

[8] Costantino il Grande fe’ uccidere il filosofo Soprato perché venne denunziato come mago, e Batteaux narra che Teodoro, uno dei ministri di Valente, si lasciò sedurre da alcuni indovini che gli annunziavano l’impero. Ciò fu causa di una orribile esecuzione: gran numero d’innocenti fu involto nel supposto delitto di magia.

Si accesero i roghi per punire i filosofi in gran parte infatuati di assurde visioni. Co’ loro libri si bruciarono ancora quelli di fisica e di letteratura. Al celebre Massimo, maestro di Giuliano, fu troncata la testa[4].

 

 

Nel medio evo tali credenze, come opina il Grimaldi, erano talmente radicate che il volgo accusava di magia colui il quale sapeva più degli altri; e furono così ritenuti non solo Zoroastro, Orfeo, Pitagora, ma anche un’altra schiera di uomini che dovevano essere stimati per le loro virtù morali, come Alberto Magno, Pico della Mirandola, Tritemio, Bacone, S. Tommaso d’Aquino, Gregorio VII, Sisto V, Silvestro II[5], [9] Cecco d’Ascoli, Pietro Da guerra, Martino Consalvo, Massimo Efisio, Niccolò il Calabrese, Michele Nostrodamo, Ollero, Giovanna d’Arco, Giacomo Broccardo, Tanchelino, Cosimo Ruggiero, Girolamo Cordano, Enea Silvio Piccolomini, divenuto poi papa col nome di Pio II, Dante Alighieri e Girolamo Savonarola[6].

Anche il Tetrarca venne accusato di magia presso Innocenzo VII da un canonista perché leggeva [10] Virgilio, essendo risaputo che in quegli oscuri tempi l’autore dell’Eneide era ritenuto pel primo stregone del mondo, ed ognuno, soggiunge il Grimaldi, il quale sapesse di rime non isfuggiva a tal fama; tanto che lo Squarciafico dice del tempo di Tetrarca: Fuit illa tempestate poeticum ita invisum, ut qui illa studia sequeretur, magum, sortilegum et haereticum esse dicebant. Tantoché il Tetrarca non tamen sine labore se purgavit.

[11] Gianrinaldo Carli[7] riferì che Giambattista della Porta fu accusato di maleficio perché intendeasi di alcuni naturali segreti.

Opinò Monsignor Davanzati, arcivescovo di Trani, che nel 1690 in Firenze fu imprigionato il marchese Scotti dalla Inquisizione della stessa città per aver fatto vedere al popolo alcune apparenze.

Maffei scrisse che egli ed il Segur furono presi per maghi in Verona, allorquando nelle pubbliche esperienze per virtù dell’elettricismo accesero le candele spente con accostarle all’acqua fredda, lo che non si era veduto né udito mai.

L’avvocato Giuseppe Raffaele[8] scrisse nel 1770 che nei secoli incolti chi professava matematica veniva imputato di magia; onde vi un titolo nel codice con cui si provvede al castigo dei matematici.

Riferisce Naddeo[9] che in Salamanca, prima di Ferdinando re di Pastiglia, passò voce d’insegnarsi Magia benefica per le scuole di matematica che vi fiorivano.

Presso i Longobardi, quando correvano tempi [12] rozzi in Italia, era sì grande la credenza che avevasi alla stegheria, che le donne sospette di tal reato si davano a morte dal popolaccio; onde fu che Rotario, principe, a cui tesse dovuti elogi l’autore della Storia civile del Regno di Napoli[10], che fu il primo a da le leggi scritte al quel popolo, dovè provvedere con leggi speciali alla salvezza di dette infelici[11].

[13] Finalmente nella Germania, prima della grande opera di Cristiano Tommasio, bastava ad una povera donna avere gli occhi arrossati per essere punita seriamente qual fattucchiara[12].

 

 

[14] Ora facciamoci una domanda:

Quale interesse avevano gli inquisitori di mandare tanti infelici al supplizio?

Al che risponde Gioja nel suo Libro del merito e delle ricompense che gl’inquisitori avrebbero decapitato il mondo intero se il loro dominio si fosse esteso da per tutto: tutti gli uomini, fuorché essi, divenivano stregoni e ciò perché ricevevano per ogni creduta strega alquanti scudi.

L’opinione del soprascritto scrittore non è pienamente condivisa dal russo Paulowic’, perché tale egregio autore, nella sua pregevole memoria « La stregoneria nel rinascimento e sotto la riforma  » così si esprime: « Alcuni scrittori storici moderni manifestano l’opinione che la persecuzione degli stregoni e delle streghe ha per motivo principale l’avarizia degl’inquisitori .

Questa opinione pare molto esagerata. Ed infatti, se troviamo alcuni processi molto profittevoli pegli inquisitori, dobbiamo anche dire che forse era un più gran numero di processi, che diedero niente né agli accusatori, né ai giudici. Quali erano le ricchezze che rimanevano fra le mani dell’inquisizione dopo la morte di un bam- [15] bino di otto anni o d’una povera, solitaria, brutta vecchia? Se la sincerità di alcuni ecclesiastici, come, per esempio, del vescovo Giovanni-Giorgio di Brandeburgo, può essere sospetta, non siamo in istato di dubitare che le idee manifestate da Bodin, Gerson ed altri non provenissero dalla loro convinzione. È evidente che le cagioni non son qui ».

 

 

Ma perché tutto ciò succedeva a preferenza nel medio evo?

Perché nel medio evo, dice Pouillet[13], il libertinaggio e la promiscuità dei sessi, conseguenza della miseria, era al colmo; e si potea probabilmente attribuire in parte alla masturbazione la causa di quelle epidemie nervose: epilessia, isterismo, corea, catalessia, estasi, furore uterino ecc. chiamati allora stregonerie che infierivano in gran numero d’individui alla volta e che i giudici ecclesiastici guarivano radicalmente col fuoco[14].

 

 

[16] La pena capitale era conseguenza di un regolare processo. Sono stato assicurato che prima del 1860 nell’archivio arcivescovile di Benevento ne esistessero circa duecento, che poi per suggerimento di un alto prelato furono affidati alle fiamme.

Il processo veniva istituito in seguito a denunzie, quasi sempre di anonimo, ed uno di questi documenti è il seguente:

Honorevole padre una moltitudine di gente è venuta da me per far sapere per mezzo mio alla Eccelllentia vostra che nel nostro paese e propriamente presso la casa di Luigi Calattra vi esiste una habitatione con entrata ad arco occupata da un certo Agnolo, il quale ogni notte [17] vi tiene conciliabolo di uomini e donne e fanno cose che non si riferiscono a Dio e alla sua Santa Madre, ma a Satana e a Belzebub. Unde io per coscientia ho stabilito tenerne informato Vostra Eccellentia acciò si styrpino dal nostro paese questi dannati affidandoli alli Inquisitori e così si metterà sempre più in chiaro che Dio è la vera luce[15].

 

 

I libri dell’epoca dicono che qualche volta, in caso di dubbio se l’individuo fosse o pur no malefico, veniva gettato nell’acqua mandando assoluto chi non restava a galla[16]. Altre fiate le stre- [18] ghe venivano sottoposte alla tortura, le quali avevano la potenza di strappare confessioni; e, se oppresse dai dolori si confessavano ree, il popolo battendo le mani esclamava: Si è d’accordo; se al contrario si mostravano coraggiose e forti, esso diceva: Il demonio le tiene salde. Se le misere cadevano svenute e nello svenimento rivolgevano gli occhi intorno, Ecco, gli spettatori esclamavano, le miserabili vanno in cerca de’ loro amanti. Se infine le sofferenti emettevano dei sospiri, si [19] gridava da quella gente incosciente. Abbiamo capito: il demonio in eterno loro serberà fede.

 

 

« Nel secolo XV e XVI ogni processo di malia, dice B. Paulowic’[17], finiva o con la morte o con altre gravi pene dell’imputato: la prigionia perpetua nel così detto in pace, il rogo, la privazione dei membri: ecco il risultato di questi processi. La malia fu un delitto straordinario (crimen exceptum), i giudici di essa furono liberi dalle ordinarie formalità giuridiche; non vi fu bisogno né della confessione dell’imputato, né del numero dei testimoni prescritto dalla legge; i principi accordavano agli inquisitori la piena libertà d’azione per tali casi…

I falsi delatori non venivano puniti; alla porta [20] delle chiese si ponevano le cassette destinate specialmente alle delazioni anonime». Di questi vili accusatori se ne contava un gran numero ed a processo compiuto chi declinava il proprio nome divideva cogl’inquisitori gli averi del condannato[18].

 

 

Le leggi imperiali dicono che a niuno sia permesso l’indovinare sotto pena della testa e chiunque con arte magica insidia alla vita degl’innocenti e spinge le donne oneste alla lascivia si deve dare alle bestie per essere divorato. Come [21] anche deve essere cruciato chiunque confesserà essere mago previa lacerazione del corpo con uncini. E nel codice De Maleficiis sta scritto: Agli stregoni non è permesso andare nelle altrui case: e se ci anderanno siano arsi et abbruciati e colui che li consiglia o li riceve in casa sua deve essere bandito e confiscatili tutti i beni.

Ne 1484 Innocenzo VIII emanò una bolla dove leggesi: « Noi abbiamo sentito che molti uomini e molte donne non fuggono il commercio colle forze infernali e fanno danno al loro prossimo ed agli animali per mezzo della malia. Essi turbano la vita domestica, fanno diversi mali alle donne gravide, impediscono il nascimento degli animali domestici, danneggiano i grani, le vigne, i frutti, l’erbe». Un’altra bolla di simile contenuto fu edita dal papa Giulio II nel 1504, ed una terza dal papa Adriano VI nel 1523.

Importante poi è la bolla di Sisto V sull’Astrologia ed i Maleficii, dalla quale trascriviamo questo importante brano: « Noi dunque, che, per carico dell’officio nostro pastorale, dobbiamo conservare inviolata la integrità della fede, desiderando con le viscere di paterna carità provedere la salute delle anime quanto colla divina grazia sia possibile, condannando e riprovando ogni sorte di divinazione che dai predetti curiosi e scelerati [22] homini si suol fare per inganno de’ fedeli; desiderando oltre di ciò che quella santa semplicità della cristiana religione, massime della somma potenza, sapienza e provvidenza di Dio creator nostro si ritenga intiera ed incorrotta d’ogni macchia di errore come si conviene; volendo ancora ovviare alla predetta falsa credulità ed a simil studio abominevole di illecite divinazioni e superstizioni o maledette ribalderie ed impurità, acciò meritamente si possa dire dal popolo cristiano quello che è scritto dell’antico popolo di Dio “Non si trova augurio in Iacob, né divinazione in Israel”; per questa costituzione, la quale ha da valer perpetuamente, con autorità apostolica ordiniamo e comandiamo che tanto contro gli astrologi, matematici, ed altri qualsivoglia che per l’avvenire esercitano l’arte della detta astrologia giudiziaria… quanto contra gli altri dell’uno e dell’altro sesso che esercitano, fanno professione, insegnano, ovvero imparano le sopradette dannate false, vane e perniciose arti, over scienze d’indovinare o veramente quelli che fanno simili non lecite indovinazioni, sortilegi, superstizioni, stregherei, incantesimi ed altre predette abominevoli scelleratezze e delitti, come si è detto overo in qualsivoglia modo s’intromettono in quelle, di qualunque dignità, grado e condizione si siano, tanto [23] li vescovi e prelati, superiori ed altri ordinarii de’ luoghi, quanto li inquisitori della gravità eretica deputati per tutto il mondo, ancor che per l’addietro non procedessero contro molti di simili casi o non potessero procedere, con maggior diligenza facciano inquisizione o procedano e più severamente li castighino con pene canoniche ed altre a loro beneplacito.

Proibendo tutti e ciascun libro, opere e trattati di tale astrologia giudiziaria ed arte d’indovinare, per la terra, per l’aqua, per l’aria, per il fuoco, per li nomi, per le mani, per li morti e magie, overo che contengono sortilegi, stregherei, augurii, auspizii e maledetti incantesimi e superstizioni, e come interdetti nel soprannominato indice non si leggano o tengano da qualsivoglia fedele cristiano, sotto le censure o pene che in esso si contengano, ma che si debbano presentare e consegnare nelle mani de li vescovi e ordinarii dei luoghi o inquisitori predetti.

E nulladimeno con la medesima autorità ordiniamo e comandiamo che contro quelli, che ritengono o leggono simili libri e scritti similmente, gli stessi inquisitori liberamente e lecitamente procedano e possano procedere e punire con pene meritevoli e costringere, non ostante le consitu- [24] zioni ed ordinazioni apostoliche, ed altra qualsivoglia cosa in contrario…[19]».

Non voglia credere il lettore che la caccia alle streghe fosse stata una specialità del medio-evo perché nel cap. XXII, v. 18 dell’Esodo sta scritto: maleficos non patieris vivere (non lascerai vivere gli stregoni) e nel cap. XX, v. 6 del Levitico dice Iddio: Anima, quae declinaverit ad mago set ariolos, et fornicata fuerit cum eis, ponam facies meam contra eam et interficiam illam de medio populi sui (Chiunque andrà dietro ai maghi e agli indovini, e si affezionerà ad essi,io sarogli nemico e lo sterminerò dalla società del suo popolo) e nello stesso capitolo v. 27 leggesi ancora : Vir sive mulier, in quibus Pythonicus vel divinationis fuerit spiritus, morte moriantur: lapidibus obruent eos, sanguis eorum sit super illos (L’uomo o la donna che ha lo spirito di pitone o d’indozzamento, saran messi a morte: li lapideranno: sia sopra di essi il lor sangue).

 

 

 

Ciò che mostra il carattere di queste stregonerie è che qualcuno, sottoposto al giudizio, con- [25] fessava che in quello o in quell’altro giorno aveva visto il diavolo riferendone anche il dialogo: in questo caso trattatasi al certo di individuo che non aveva il cervello a posto, ma affetto da demonomania con allucinazioni e stato estatico.

Ma perché la credulità e l’ignoranza assale principalmente la donna, un essere più debole dell’uomo? Pare a noi, dice il già citato autore della Stregoneria nel rinascimento e sotto la riforma, che la prima causa di questo fatto consista nelle idee religiose.

La donna fu cagione del peccato originale. L’ascetismo cristiano vedeva in essa uno de più grandi pericoli per la vita futura; oltre di ciò la donna è ordinariamente più nervosa: essa è più spesso soggetta alle alterazioni, al sonnambulismo. La tortura la costringeva più facilmente a confessare ciò che piaceva agl’inquisitori; forse anche i tormenti distruggevano spesso la potenza morale, e l’infelice imputata sotto l’influenza della paura e dei dolori convincevasi d’aver avuto commercio col diavolo, d’aver fatto viaggi aerei sul capro o sulla scopa. Potremmo recar molti esempii, che spesso furono condannate al rogo donne che oggi sarebbero curate come pazze.

Qualche volta s’ebbero anche casi molto tragici, come, per esempio, il seguente. « Una donna in- [26] glese, narra Michelet, condannata al rogo, ha detto: Non accusate i giudici di ingiustizia; io stessa voleva morire. Lo sposo mio mi abbandonò; io fui bandita dai miei genitori.

Perché tornerei nel mondo, se non per vivere miseramente?

Io voglio morire e perciò ho mentito, ho dato ai giudici testimonianza contro di me[20]».

 

 

Se la plebaglia poi godeva nel veder ardere viva quella gente, non era tutta colpa sua; perché, se ignorava ciò che pensava l’Alciato[21], essere la cosa degna di essere creduta dalle feminette e che S. Agostino faceva cadere in iscomunica chi prestava fede a cotali novellette da donnicciuole[22], teneva però presente che il diavolo tentò tormentare Giacobbe e traviare Gesù Cristo; perché egli non potrebbe anche oggi far danno agli uomini?

[27] E poi e poi, dice il Bodin[23], lo stesso Tommaso d’Aquino non era persuaso che il diavolo potesse apparire sotto varie forme; ch’egli potesse dare agli uomini la forma di bestie; ch’egli fosse capace di cagionare le guerre, le malattie, le tempeste.

Giovanni Crisostomo manifesta l’opinione che in molte donne abiti lo spirito infernale pronto a sedurre i cristiani.

Un teologo assicura che S. Bernardo avesse scoperto una donna, la quale fu per sette anni in commercio col diavolo, senza abbandonare suo marito neppure un sol momento[24].

Bacone attesta che la persecuzione degl’incantatori è sacra e indispensabile. Lutero, Melatone, Martino de Arles, Ponzinibo, Giambattista della Porta[25], Ulrico Molitone, Vairo ecc. cedettero, se non in tutto almeno in parte, alle gesta dei maghi e delle streghe.

Paolo Grillando, nel suo trattato De sortilegiis, scrisse che il demonio per opera di una maliarda aveva fatto parlare il nero cane della maga Francesca Serena, che aveva tramutato in asino un [28] cavaliere di S. Giovanni e che aveva fatto prendere le fattezze di gatta a tre donne.

E chi non avrebbe prestato fede al Priero, il quale asserì che un viandante fu fatturato col solo sguardo da una strega e che un lavoratore contrasse la lebbra per opera di una di queste donne.

 

 

Che il diavolo avesse avuto in quell’epoca la predilezione per l’elemento muliebre, non deve arrecarci meraviglia perché trattasi di sessi differenti; ma che avesse avuto la sfacciataggine di fare qualche brutto scherzo anche al sesso forte, ciò gli è imperdonabile.

Ecco come il padre Vadano, che in quell’epoca godeva la stessa fama di oratore che oggi gode tra noi il padre Agostino da Montefeltro, riferisce la cosa.

Un tale conte ammogliatosi non riuscì per lo spazio di tre anni « cogliere il frutto dal tale albero della scienza del bene e del male» perché fu fatto fatturare da una sua domestica colla quale, prima del matrimonio, visse troppo intimamente. E la stessa cosa dice Paolo Grillando toccò ad un gentiluomo.

Io riproduco il racconto come fu narrato dal [29] cappuccino padre Francesco Valerio veneziano, che visse nel 1714.

« Un certo gentil’huomo letterato di buona conditione, et fama, mi narrò, che essendo nel fiore della sua gioventù, nel tempo, ch’egli prese moglie  poiché l’hebbe con molta solennità e fasto condotta a casa, fu talmente maleficiato e fatturato da una malefica che non potè per moltissimi giorni “squarciare quel tale valium del sancta santorum” del che egli si aveva gran cordoglio, e vergogna, meravigliandosi infinitamente di onde tal cosa gli avvenisse e per quanti rimedii egli adoperasse, non poté mai per niuno esser liberato da tale sua infermità né i medici trovarono cosa alcuna che li giovasse quantunque molte ne applicassero. Finalmente fu consigliato da un certo vecchio, che mandasse a cercare un huomo, che si chiamava maestro di grande esperienza, il quale era invero solennissimo mago e malefico.

E trovato, che fu, venne dal detto gentil’huomo, il quale, come da lui fu veduto, conobbe subito la sua infermità e gli promise di liberarlo in brevissimo spazio di tempo, che fu in una sola notte. Onde egli comandò, che la notte seguente stesse con la moglie, dandosi prima che andasse a letto un beveraggio.

[30] E che per modo niuno temessero se quella notte vedessero o udissero alcuna cosa, perché non li poteva nuocere cosa alcuna. Tutto promise di fare il gentil’huomo, per desiderio di essere liberato da quel diabolico maleficio, ed osservò il tutto benissimo.

Et eccoti, che stando nel letto alle cinque ore di notte cominciò ad udire grandissimi tuoni, folgori, piogge, tempeste e terremoti tanto terribili, che tutta la casa era conquassata da’ venti.

Udì poi con voce umana certi urli,lamenti e gridi. E volgendo gli occhi vidde a comparire nella camera più di mille persone, che combattevano insieme l’una contro l’altra, e con pugni e con calci, et unghie crudelmente si laceravano e stracciavano le faccie l’uno con l’altro e le vestimenta. Fra i quali vidde una donna d’un altro Castello vicino, la quale da tutti era tenuta per Maga, della quale egli molto sospettava, che non l’avesse fatturato.

E questa mala donna più di tutti gridava e con tormenti maggiori era cruciata, e con le unghie si aveva stracciato tutti li capegli e la faccia e mandava urli grandissimi.

Delle quali cose il gentil’huomo nel principio aveva grandissimo spavento dubitando, che non gli avvenisse alcun male, ma ricordandosi di quel- [31] lo, che gli aveva detto il mago, che non dovesse temere per cosa, che udisse, o vedesse, riprese vigore, tenendo però nascosta la moglie sotto i panni, acciocché ella non vedesse quelle tanto spaventose cose.

Dopo che quelle apparite genti hebbero combattuto così per spatio di mezza ora, entrando il mago nella detta camera, tutte quelle persone insieme colla maga disparvero via.

Et accostatosi il mago al gentil’huomo maleficiato gli toccò le spalle con la mano, e fregandoglile alquanto dissegli, che più non dubitasse; perché era già liberato da tale maleficio e si partì via. Et all’hora si sentì il gentil’huomo a riscaldare tutto il sangue, e divenne perfettamente sano che poi hebbe molti figliuoli e visse lungo tempo in buona e santa pace colla moglie sua  »[26].

[32] Che ne dice l’ottimo oratore Padre Francesco Saverio da Napoli di questo suo predecessore?

Senza però riandare a’ tempi antichi, ricordo che pochi anni or sono venni consultato da un [33] giovane di Guardia Sanframondi, in quel di Benevento, il quale aveva menato in moglie una delle più belle ragazze del paese.

La madre dello sposo, senza badare a spese, si recò in Napoli e chiese ai più eminenti clinici di quella città delle prescrizioni per far guarire il figlio; mentre la madre della sposa « per non far più soffrire la figlia » voleva intavolare le pratiche per il divorzio. Il movente di tanta discordia era che G. e C., benché marito e moglie da circa sette mesi, pure vivevano come… fratello e sorella.

Il G. mi disse, con tutta convinzione, che prima di  sposare la C. amoreggiava con un’altra giovinetta, la quale il giorno precedente al suo matrimonio ebbe il coraggio di dirgli in barba, forse ad istigazione di qualche maliarda: Che puozze vicino a mugliereta restà comme a nu totaro! Ebbene queste parole ebbero tale e tanta influenza sull’animo del G. da renderlo inabile per certe funzioni.

Il padre dell’infermo, che è un uomo di grande esperienza, avendo visto che le cure tonico-ricostituenti e la elettro-terapia avevano dato cattiva prova, pensò di andare da una strega di Morcone, la quale, che se ne dica, porta il primato per le scioglitore.

[34] Questa maliarda, che ha passato buona parte della sua vita in case di prostituzione, in giorno stabilito si recò in casa del G. e, fatta la diagnosi di… fattura a morte, si procurò un bicchiere con acqua calda e vi versò dentro un po’ di fiore di grano, al quale, di nascosto, aveva mischiate del lievito.

Disse poi all’inabile marito: Tu sarai libero dalla fattura se il contenuto di questo bicchiere aumenterà di volume, il che regolarmente successe e da quel giorno il G. divenne uomo come tutti gli altri. Ora una vezzosa bambina lo chiama col dolce nome di padre.

 

 

La giustizia civile dal canto suo, se non mandava spesso a morte, non si rendeva avara di ammannire pene a questi infelici.

Vediamo ora, dice B. Paulowic’, ciò che dicono in proposito i capitolari di Carlo Magno ed alcuni altri monumenti giuridici della prima metà del medio-evo. Troviamo in un capitolare[27] la minaccia di grave pena a quelli che perseguitassero un uomo sospetto di stregoneria senza averne [35] prove evidenti; un altro capitolare[28] prescrive che lo stregone, il cui delitto sia provato, non debba essere ucciso, ma messo in prigione, per aver tempo di pentirsi e di ritornare alla vita cristiana… però tale capitolare non fu rispettato neanche dallo stesso Carlo Magno, perché sappiamo che esso ordinò una volta di far uccidere alcuni indovini e alla fine del secolo VI furono bruciate alcune donne devote alla corte di Fredegonda, perché la loro malia cagionò la morte d’un figlio della regina…

Il codice di Teodorico minaccia gli stregoni delle verghe, della prigione e della confisca dei beni; la legge Salica impone le mumte; la legge Longobarda paragona la strega ad una donna pubblica (vedi gli editti di Notario in nota della pag. 12 e 13).

Ma forse si obbietterà che queste leggi non sono severe, perché provengono da laici, mentre che nel secolo XVI i processi di magia erano ordinariamente tra le mani del clero.

Ma, rispondiamo anzi tutto, che, se il civile potere avesse avuto un’altra opinione su questa materia, avrebbe potuto limitare lo zelo dei clericali; in secondo luogo abbiamo molte prove, che [36] fino al secolo XII il potere civile per casi di malia, non era più mite dei clericali stessi.

Nell’anno 506 la chiesa chiedeva l’espulsione delle donne che avevano commercio cogli spiriti infernali.

Nell’anno 633 un prete spagnolo, che si abbandonava alle scienze illecite, era condannato alla prigione perpetua in un chiostro. Non bisogna dimenticare che questa pena era severissima; altre condanne di questo tempo non andavano al di là di due o tre anni di prigione.

« In mezzo a tutto ciò, dice la Rossi-Gasti, è orribile vedere tirare in ballo il Signore, la Vergine ed i Santi nel cui nome si commettono tali enormità, il cui sussidio s’invoca ad ogni tratto perché illumini le menti dei giudici e le guidi alla ricerca del vero».

Così col punire questi delinquenti o ammalati si avverava un connubio fra la toga nera del magistrato e la cappa degli inquisitori…

Povera religione!

Povera giustizia!

 

 

[37] Per dimostrare con quanta poca serietà, si amministrasse la giustizia contro le credute streghe prendo in prestito dal Dandolo queste pagine, che rappresentano la parte più interessante di un processo, che ebbe luogo in Castelnuovo nel 1649. È una deplorabil istoria, dice il citato autore, nella quale ci introviam intromessi senza preliminari: vi scorgiamo una triste femmina, che ignara di risici, a cui si espone, denunzia altre femmine sue pari, e sottoposta a ripetuti esami, rafforzati da torture, termina con dichiarar sé stessa rea di tutte l’enormità, che apponeva altrui[29].

 

 

[110] …Anche oggi le gabbie delle Corti d’Assisi e gli sgabelli dei tribunali penali si vedono alle volte onorati delle credute streghe e dai maghi tradotti dalla benemerita arma dei reali carabinieri perché accusati di veneficii, di truffe o di altri reati commessi a danno dei creduloni[30].

[111] Ne riferisco due esempii che tolgo dalla Tribuna Giudiziaria.

Sono dei feroci drammi domestici, come si rileva dalle seguenti requisitorie dei Procuratori Generali…

 

Continua  â

 

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[1] Senza occuparmi delle altre dominazioni ricordo che nel beneventano la condotta dei longobardi era stata in principio al massimo grado violenta e crudele.

Intere città erano state distrutte e gli abitanti parte uccisi, parte ridotti schiavi, sicché ancor più tardi giacean deserti vasti territorii con le loro città (Paulus Diaconus V. 29 - Riscontra pure Francesco Hirsch, Il Ducato di Benevento sino alla caduta del regno dei Longobardi, p. 30-31).

[2] Rossi-Gasti, Le streghe ed il popolo (Rivista delle tradizioni popolari italiane, 1893).

[3] Dandolo, vol. 3° pag. 211.

[4] Batteaux, p. 107.

[5] Il Pagi in Vita Silvestri II dice che il cadavere di Silvestro II giacque per più giorni insepolto per essersi nella sua stanza rinvenuto un libro di matematica pieno di figure che si stimò trattare di negromanzia.

I contemporanei di Silvestro II dicevano di questo amatore degli studi « Homagium diabolo fecit et male finivit ». Molte interessanti cifre intorno ai condannati nei varii paesi il lettore può trovare nei seguenti libri: Michelet, La sorcière, pag. 198, 206; Leeky, Geschichte der Aufkländerung, vol. I, pag. 3-5; Scherr, Geschichte der Civilisationi in Deutschland, pag. 403.

[6] A proposito del Savonarola, io mi propongo, dice Pasquale Villari: Girolamo Savonarola e l’ora presente (Rivista d’Italia, numero di saggio, p. 16, 1898), di sottoporre alla vostra attenzione un problema, che la ha sua importanza storica non solamente, ma anche al sua importanza morale e religiosa, e si connette alle condizioni presenti del nostro spirito nazionale.

La prima questione che mi si presenta è: Come mai l’ombra del Savonarola, da ogni parte evocata, sembra a un tratto sorgere dalla tomba? Opuscoli, libri antichi, giornali destinati esclusivamente alla sua memoria, si stampano per tutto. Fin dal 1703 s’era abbandonato l’uso di spargere fiori sul luogo del suo supplizio. Quest’anno l’antica e pietosa usanza s’è rinnovata. Una qualche ragione ci deve essere.

Ma un’altra questione, connessa con la prima, si presenta ancora. Come mai avvenne che coloro i quali cercano rendere onore alla memoria del Savonarola lo fanno con sì diverse intenzioni, spesso anche con intenzioni fra di loro opposte? I protestanti hanno fatto la loro conferenza, pubblicato un numero unico ed un loro programma che dice: « Il Savonarola è dei nostri. I cattolici hanno torto marcio volendo far loro un uomo che combatté fieramente il Papa, da cui fu mandato all’estremo supplizio, impiccato, bruciato, gettandone le ceneri nell’Arno». I cattolici a questo si ribellano, e domandano: - Come mai si può pretendere di chiamar protestante un uomo che San Filippo Neri e S. Caterina dei Ricci adorarono come santo, che papa Benedetto XIV dichiarò degno di venerazione, che fino all’ultima ora della sua vita celebrò la messa, osservò le funzioni religiose cattoliche, adorò i santi, raccomandò la preghiera per liberare i peccatori dal purgatorio, e prima di morire si separò piangendo dal suo abito religioso come la cosa a lui più cara? Che altro può dunque farsi per essere ritenuto vero e sincero cattolico?

 

[7] Lettera al Tortarotti.

[8] Difesa di Cecilia Faragò inquisita di fattucchieria.

[9] Apologia degli uomini illustri sospetti di magia.

[10] Libro 4 cap. 6.

[11] Ecco gli editti di Rotario intorno alle streghe, che riproduciamo esattamente nel suo latino barbaro:

1.        De crimen nefandum. Si quis mundium de puella libera aut muliebre habens eamque stigma, quod est mascam, clamaverit, excepto pater aut frater ammittat mundium ipsius, ut supra, et illa potestatem habeat, vul ad parentes, vult ad curtem regis cum rebus suis propriis se commendare, qui mundium eius in potestatem debeat habere. Et si vir ille negaverit, hoc crimen non dixissit, liceat eum se purificare, et mundium sicut habuit habere, si se pureficaverit.

2.        De crimen in puella iniectum qui in alterius mundium est. Si quis puellam aut mulierem liberam, qui in alterius mundium est, fornecariam aut strigam clamaverit, et pulsatus penitens mavefestaverit per furorem dixissit, tunc praeveat sacramentum cum duodecim sacramentalis suois, quod per furorem ipso nefando crimen dixissit, nam non de certa causa cognovissit. Tunc pro ipso vanum iproperii sermonem, quod non convenerat loqui, conponat solidos vigenti, et amplius non calumnietur. Nam si perseveraverit et dixerit se posse provare, tunc per camphionem causa ipsa, id est per pugnam ad Dei iudicium decernatur. Et si privatum fuerit, illa sit culpabilis, sicut in hoc edictum legitur. Et si ille qui crimen misit, provare non potuerit, wergild ipsius mulieris secundum nationem suam componere conpellatur.

3.        Nullus presumat haldiam alienam aut ancillam quasi strigam, quem dicunt mascam, occidere; quod christianis mentibus nullatenus credendum est, nec possibilem ut mulier hominem vivum intrinsecus possit comedere. Si quis de cetero talem inlecitam et nefandam rem penetrare presumpserit, si haldiam occiderit conporat pro statum eius solidos 60, et in super adat pro culpa solidos centum, medietatem regi et medietatem cuius haldia fuerit. Si autem ancilla fuerit, conponat pro statum eius, ut supra constitutum est, si ministiriales aut rusticana fuerit; et in super pro culpa solidos 60, medietatem regi et medietatem cuius ancilla fuerit. Si vero iudex huic opus malum penetrare iusserit, ipse de suo proprio pena suprascripta componat.

[12] Il numero delle condanne dimostra che la Germania era il paese dove la persecuzione per magia infierì di più. Questo fatto proviene dalla divisione della Germania in molti Stati indipendenti, e ciascuno stato istituiva il proprio tribunale, il quale emulava i vicini nella sacra causa delle persecuzioni; ma le cagioni principali delle persecuzioni erano dappertutto le medesime: l’opera di un tedesco Malleus Maleficarum di Sprenger, rassomiglia molto alla Démonomanie des sorciers del celebre francese Bodin. Così riferisce il Paulowic.

[13] L’onanismo nella donna.

[14] Nell’epoca medioevale esisteva nel napoletano, al dire dell’Amellino, la giustizia solo di nome, imperavano il privilegio e l’eccezione, le leggi erano feroci, all’equità era sostituito l’arbitrio e nobili ingegni e generosi si fecero a chiedere con voce autorevole opportune riforme; la morale era corrotta e l’esempio veniva dall’alto…

L’indole dell’amministrazione della giustizia penale napoletana del secolo XVIII nelle sue linee generali può essere definita: Feroce libidine di pene, attorto e spesso arbitrario procedimento nella forma inquisitoria, prodigalità di tortura. Ciò era in generale, ma in particolare all’estremo supplizio erano condannati i sodomiti, i ladri di cose sacre, gli stupratori, i maghi e gli stregoni.

[15] Manca a questo documento anche la data. Proviene da Benevento.

[16] La prova dell’acqua, il tuffo, consisteva nel ravvolgere l’accusato in un lenzuolo e poscia deporlo in uno stagno od in un fiume. Se galleggiava, non v’era dubbio che era stregone. (Tartarotti, Il Congresso notturno delle malie vol. 2° p. 304). Oltre questo esperimento v’era anche quello del duello (Brun, Istoria della superstizione vol. 2° lib. 5, p. 83), quello dei vapori irritanti dello zolfo ed in alcuni paesi era invalso l’uso di pesare in una bilancia il creduto stregone da un lato e dall’altro la Bibbia. Se l’individuo pesava più della Bibbia era considerato come malefico e senza altri complimenti veniva mandato al rogo (Bianco F. Lessicomania sotto la parola Bibbiomanzia). Fra tutti questi « giudizi di Dio » (così si chiamavano questi esperimenti9 la prova più comune era quella del fuoco (Brun, Istoria della superstizione, vol. 2, lib. 5, p. 83) alla quale si voleva sottoporre il Savonarola. Ecco come vien narrata la cosa: « Certo Padre Francesco da Puglia, dei Minori, dal pergamo di S. Croce sfidava il domenicano Buonvicini da Pescia, proponendo lo sperimento del fuoco. L’uno difensore, l’altro oppositore della persona e della dottrina del Savonarola, entrassero ambedue nelle fiamme, chi ne uscisse illeso coglierebbe l’onore della vittoria. Il Buonvicini da Pescia accettava la sfida e con lui si offrivano alla prova i dugento trentotto religiosi del convento di S. Marco e tutto il seguito dei Piagnoni, uomini, donne, fanciulli, non escluse le suore domenicane di santa Lucia. A tanto entusiasmo, il fate dei Minori si scoraggia e propone in sua vece un laico per nome Giuliano Rondinelli. In questa disfida, che il fanatismo e l’ignoranza dei tempi comportavano, era singolare il concetto dei due campioni: il Rondinelli teneva per fermo di restar preda delle fiamme e confortatasi nel pensiero che il suo sacrificio potesse esere utile alla Chiesa involgendo nelle fiamme l’aborrito domenicano; il Buonvicini al contrario si confidava che Iddio lo avrebbe salvato dalle fiamme in testimonianza della santità del Savonarola. Il Popoleschi fu lieto di questo sperimento, perché gli si offriva così l’occasione di terminare con un falò le disputazioni. Le tesi della prova furono queste: 1° La Chiesa di Dio aver mestieri di riformazione. 2° La scomunica lanciato contro il Savonarola, perché manifestamente ingiusta, essere di niun valore » (L’A. d. C.).

[17] La stregoneria ne rinascimento e sotto la riforma, (La Rivista Europea, anno VI, vol. 2).

[18] Le donne che avevano la pericolosa ma anche allettante riputazione di streghe, conoscevano le proprietà delle diverse erbe e, come attesta l’aracelso, qualche volta, applicarono le loro nozioni con gran successo. Benché lo stregone e la strega fossero spesso chiamati al letto dell’ammalato, benché gli uomini chiedessero da loro consigli anche in diverse altre circostanze, l’aiuto prestato dagli stregoni non poteva sminuire la forza delle persecuzioni contro di loro. Il sentimento religioso impediva ad un fedele cristiano di tender la mano allo stregone; l’ammalato, forse salvato dalla strega, spesso denunziava all’inquisizione la sua salvatrice, volendo di questo modo riparare al suo peccato, cioè alla guarigione coll’aiuto dei mezzi illeciti (Paulowic’). Anche quel tal Francesco da Guardia Sanframondi, che nel 1897 fu denunziato al potere giudiziario, s’ebbe come testimone a carico uno dei suoi guariti. Non è un vero esempio di gratitudine?

[19] Cantù, Schiarimenti e note alla storia universale,  vol. 3.

[20] Michelet, La sorcière, pag. 196, 197.

[21] VIII Par. cap. XXII.

[22] De spiritu et anima cap. 21 et in c. episcopi 26 q. 5 Martin de Rio Disquisitionum magicarum lib. III q. XIV nega che talc anone fosse di S. Agostino; l’attribuisce invece ad Ugone Vittorino.

[23] La démonomanie des sorciers. Confronta Pulowic’.

[24] Caesarius Histerbacensis illustrium miraculorum lib. L. III cap. 7 (confr. Paulowic’).

[25] Magia naturale, lib. II.

[26] Che i casi de impotentia coeundi vulgo Maleficatis, seu frigidis fossero frequenti negli antichi tempi ce lo mostra D. Pietro Piperni, il quale nel libro VI cap. XXXVI della sua opera De magicis effectibus eorumque dignotione, curatione medica, stratagematica,et divina propone per tali maleficiati queste cure: …idcirco divina prius curatione utendum, ac viva fide ad Deum ambo muniantur Sacramentis S. Ecclesiae, jeuiniis, eleemosynis, orationibus, alijs; Theologalibus virtutibus; recitentur saepe septem versiculi: Illumin oculos meos etc., et Evangelium S. Ioannis.

In principio erat Verbum tum cap. penult. Apocalypsis cum orationibus ponendis cap. sequenti, et precationes S. Petri ad vinculam ; pomum nostrum portetur lib 3 ultimo compostum Sacraq ; Amuleta lib. 5.

Ad praeservationem ponit Ronseus, p. varius etc. aliqua non scribenda.

Perquirenda semper in omni affectione M. instrumenta magica, quibus adustis cessaret affectio; saepeq; iuvant stratagemmata, quibus usus est Comes quidam apud Spreng Q. I. C. I.

Applicavi possunt omnia, quae a pratticantibus in hoc tractatu tractantur, tam in ratione victus, tacta in capde lactis exiccatione ; quam in aliis medicis instrumentis. Sponsus vero, et sponsa his peractis utantur ante coenam et prandium praemissa benedictione untia I. huius ellec. R. pistacchiorum, pineorum, Satyrion, palmae Christi, fenugreci an. unt. 1. radicis iringi, brioniae an dr. 2 pul. arthamisiae, bettonicae, hyperici, granorum paradisi, nepete cinamomi, gariopl. Macis an. dr. 1. galangae zodoariae an. scr. - pulverizentur omnia, et cum melle desp. fiat confectio aromatizanda cum muscho item theriacae, diamuschi, diastyr, an dra,. I. cum untia I. decoctionis hyperici bibatur. quod si addes dr. - pulveris virgae Tauri vigorosius operatur item R. Olei de lilio, castoreo an. un - nucis muscatae euforbii an. scr. 1 muschi, ambrae an. gr. 3 m. ugantur renes et Virga, et pertoneum ante caenam, laudatur fel corvinum cum balzamo, et confert etiam oleum nostrum, senibus, et frigidis. R. priapi tauri, erucae, piperis, gariofil, testiculorum vulpis, cinam, cardamo, an. un  - caudae styngorum dr. 2 succh. alb. unt. - pulvis dosis dr. 2 cum vino.

[27] Cap. de partibus Saxoniae.

[28] Cap. ecclesiasticum.

[29] Dandolo - Il secolo decimosettimo - . Questo processo fu pubblicato per intero dal dotto cultore di scienze occulte sig. Formisano (Kremmerz) nel periodico da lui diretto Il Mondo Secreto, Anno II, n. 6, 8, 10, 12.

………………………………(omesse le note inerenti le pagine non riportate) ……………………………………

[30] Siccome tali processi non fanno difetto neanche nelle altre nazioni, così mi piace ricordare che il Tribunale di Bayonne, due anni or sono, condannò una strega sulla querela di una certa Graziosa Eletrepare, alla quale ella aveva dato per certo che l’amante l’avrebbe sposato mercè alcuni esorcismi pei quali occorrevano duecento lire e alcuni doni in gioielli. La Graziosa stessa, incerta in sulle prime quando la fattucchiera la fece inginocchiare e dir le orazioni e poscia rompendo un uovo le fe’ vedere in esso alcuni capelli, indizio sicuro che l’amante l’avrebbe sposata, diede le duecento lire, i gioielli e di più una camicia e un paio di mutande sui quali oggetti avrebbe dovuto dormire perché gli esorcismi fossero vieppiù efficaci.

Ma pare che l’amante della Graziosa non si lasciasse vincere, e quando questa seppe che la fattucchiera era partita da Bayenne incominciò a dubitare d’essere stata truffata. Il tribunale condannò la strega a quattro mesi di prigionia, e la Graziosa ebbe la immeritata fortuna di ricuperare il danaro e i gioielli. Non sappiamo però se abbia anche ricuperato l’amante ! (Tribuna 22 Settembre 1897).

Se il lettore poi vorrò avere la compiacenza di leggere un altro importante giudizio di stregoneria moderna, bisogna dirigersi all’archivio del tribunale di Benevento e domandare al cancelliere del ramo i precedenti di Visono Francesco-Giuseppe fu Martino di Civitella Licinia imputato di truffe in pregiudizio di Malgiere Carlo. Questo processo fu inviato al detto tribunale dal pretore di Guardia Sanframondi il 14 settembre 1892 n. 144. Istruzione pretura di Guardia n. 1971 - Reg. P. M. n. 1725.